5° Tappa
SOLAROLO – QUARTOLO

SOLAROLO(25m s.l.m.)

QUARTOLO (71m s.l.m.)

Dislivello: ↑195m ↓158m

Lunghezza: 22 km

Tempo: 5h

Per i referenti percorsi, posto tappa, e timbrature consultare la pagina contatti

Descrizione della tappa

La tappa si sviluppa lungo il corso del fiume Senio e risale verso le prime colline incontrando antiche pievi.

Si parte dal centro del paese dove sorge la chiesa di S. Maria Assunta, in direzione est superando piazza del Popolo, oltrepassare il bivio e proseguire lungo la ciclabile via G. Pascoli (SP 22) superando il passaggio a livello (via Felisio), si prosegue lungo la provinciale fino al ponte sul fiume Senio. Imbocchiamo l’argine destro (la sinistra idrografica) superando una sbarra. Percorriamo sempre l’argine fino alla vista dell’autostrada, scendiamo a sinistra tra un canneto, superando il sottopasso dell’A14. Continuiamo sempre lungo l’argine sulla nostra sinistra una serie di orti ben tenuti ed un maneggio. Rimaniamo sulla carraia fino all’innesto con via Gradasso, svoltando a sinistra superiamo il sottopasso della ferrovia. Su asfalto ci dirigiamo in direzione della SS9 via Emilia, che attraversiamo. Svoltiamo a sinistra e dopo aver superato il ponte sul fiume Senio a dx imbocchiamo via Casale (SP 84) che percorriamo fino all’incrocio con via Celle. Svoltiamo a dx rimanendo sempre su via Casale seguendo indicazioni per Villa Vezzano. Superato l’agriturismo Tre Re svoltiamo a sinistra sempre su via Casale. Dopo breve raggiungiamo il bivio con via Pergola: alla nostra dx pilastrino votivo datato 1961 posto dal Masci. Tenendo a dx per saliscendi, superiamo via Monti Coralli, incontrando un cippo commemorativo posto a memoria di una rappresaglia tedesca avvenuta nell’ottobre 1944 in seguito all’uccisione di un soldato da parte dei partigiani. Dopo un centinaio di metri svolta decisa a sinistra in salita in presenza di una cabina elettrica verso la chiesa di S. Giovanni Battista e Andrea di Pergola che raggiungiamo dopo aver costeggiato il locale cimitero. Tenendo la sinistra un breve sentierino ci conduce al ristorante Pergola (apertura estiva). Continuando a salire per via Pergola lasciamo a sinistra via Mercanta. A breve incrociamo via Rio Biscia che lasciamo alla nostra sinistra e proseguiamo dritti su via Pergola. Per saliscendi la via cambia nome in via Pideura; alla nostra sinistra rimane il vecchio cimitero ormai abbandonato, e superatolo curviamo a sinistra in salita verso la pieve S. Maria in Afri di Pideura. Si svolta a sinistra e in breve raggiungiamo un bel punto panoramico con veduta sui calanchi e la Vena del Gesso. Ci troviamo sul sentiero Cai 505. Imbocchiamo a sinistra via Berta, superiamo il civico 40, proseguiamo in discesa e attenzione all’altezza del civico 52, svolta a dx per carraia costeggiando vigneti in ripida discesa, avvistiamo un laghetto alla nostra sinistra ed uno in fondo alla pista. Qui a sinistra superiamo una sbarra che ci introduce nella valletta del rio S. Cristoforo. Quindi su carraia, costeggiando il piccolo rio, superiamo un vecchio stabile e abbiamo una bella veduta sui calanchi alla nostra sinistra. Proseguendo su asfalto fino all’incrocio con via Pideura teniamo la sinistra, superiamo la ferrovia e di fronte ci compare la nostra meta. S.Maria in Quartolo.

Luoghi di interesse:

Chiesa di Santa Maria in Felisio

Origine di Felisio, in merito alla quale abbiamo il conforto di documenti fin dal XIII secolo. Felice era il nome che in antica epoca medioevale  si dava al passo del fiume Senio nella località della via Passo S.Martino. Infatti in documenti medioevali viene chiamato: ”Passo di S.Martino in Felice” e nella dizione latina: ”In Agro Felici”. I pellegrini alto medioevali hanno viaggiato su questa strada che partiva dalla Pieve di S.Andrea, sorta nel VII secolo.

Un primo segno della sua presenza fu una cappella sorta sulla riva destra del passo, dedicata a S.Martino, il cui culto stava diffondendosi in tutta Europa; da essa prese nome di “Passo di S.Martino in Felice”.

In seguito poi, sulla sinistra del Senio, sorse una chiesetta, come centro delle famiglie dei dintorni, per le liturgie domenicali che venivano presiedute da un sacerdote del presbiterio della Pieve; nella seconda metà del XIII secolo, con la presenza stabile di un sacerdote, divenne la parrocchia di S.Maria in Felice.

Una nota: Il passo oltre che un guado per i carriaggi, aveva anche un traghetto con barca per i pedoni, specialmente per quando l’acqua era alta. Le famiglie pagavano al barcaiolo alcune misure di grano annualmente.

Il nuovo passo per carri di cui abbiamo detto fu comunque approntato malamente e nel giro di pochi anni andò in rovina, per cui i faentini si risolsero di costruire finalmente un ponte; avvenne nel 1807 e il manufatto di legno ha resistito sino alla seconda guerra mondiale.

Prima del ponte, alla fine del ‘700, fu costruita una nuova chiesa e il cimitero (1778) presso l’incrocio con Solarolo, rialzando il terreno di alcuni metri, per preservarli dalle frequenti alluvioni.

Santuario Mariano della zona, Felisio è stata una delle prime parrocchie a celebrare il Mese Mariano; fu infatti una sera di Maggio del 1840 quando il ragazzo Paolo Taroni, (poi divenuto sacerdote e Direttore Spirituale del Seminario di Faenza e morto in concetto di santità) ascoltando i canti mariani, si innamorò della Madonna e scrisse uno dei suoi molti sonetti dedicati alla Madre Celeste:

“ Ave Maria anch’io dissi e l’amai

e l’amo e l’amerò finché già morto

d’amarla in ciel non lascerò giammai “

Quando nell’orrore della seconda guerra mondiale si immolarono così tante vite umane, come il ponte e le case, anche la chiesa fu distrutta.

In quei drammatici frangenti, la Provvidenza si servì del parroco don Natale Valenti per salvare gli arredi sacri e le preziose e venerate icone.

La chiesa attuale, ricostruita sulle macerie, fu inaugurata nel 1957 e si presenta di ispirazione totalmente mariana.

Tratto dalle ricerche storiche pubblicate da Lucio Donati e dall’ Arciprete mons. Giuseppe Tambini.

Il Molino di Scodellino

 

Il Molino di Scodellino a Casalecchio di Castel Bolognese fu costruito sul finire del Trecento e l’inizio del Quattrocento, pochi anni dopo la fondazione del “Castrum Bononiense”, avvenuta nel 1389, come risulta da una pergamena di messer Filippo Guidotti. Avutane la cessione nel 1442, il comune di Castel Bolognese ne acquisì il possesso nel 1489, che ha conservato ininterrottamente fino ad oggi.

Deve probabilmente il suo nome alla “scudella” di farina che il mugnaio tratteneva per la molitura. Sorge a circa due chilometri dal centro di Castel Bolognese sul canale dei molini in prossimità del fondo “Contessa”; è una costruzione rustica, realizzata in mattoni a vista e di solida struttura, che ben rivela il suo impianto originario. E’ l’ultimo esempio ancora esistente della serie dei molini sorti nel 1400 lungo il canale che da essi ha preso il nome.

Prospetto sulla via Canale. Visibile il caratteristico portico che serviva da ricovero ai birrocci che si recavano al molino

Si affaccia sulla via Canale con un caratteristico portico basso sorretto da grosse travi e da archi di rinforzo. Tale loggiato, in caso di maltempo, serviva per dare ricovero ai carri che si recavano al molino; sono ancora visibili sulla facciata gli anelli di ferro ove venivano legati i cavalli.

Pianta antico Molino di Scodellino

Il macchinario è ancora quello di un tempo: ogni impianto di macinazione è costituito essenzialmente da due macine di pietra, di cui una fissa e l’altra rotante sopra di essa. Le granaglie, i cereali, introdotti fra le due macine, venivano triturati e ridotti in farina. Ogni macina veniva mossa dalla forza dell’acqua che batteva sulle pale della ruota idraulica; un albero di trasmissione provvedeva al collegamento. Tali antiche ruote ad asse verticale denominate “ritrecini” funzionavano ciascuna con un consumo detto di ” I posta” pari a 800 litri al secondo, sviluppando energia sufficiente per azionare le macine. Situate in un locale sottostante, ricevevano l’acqua che arrivava per caduta dal canale. Le pale e le strutture atte a trasmettere il moto erano costruite in solido legno di quercia e ferro.

La portata media del canale dei molini era tale (1500 – 2000 litri al secondo) da far girare contemporaneamente due palmenti. Nel 1935 gli antichi “ritrecini” furono abbandonati e sostituiti da una più efficiente turbina Francis capace di sviluppare 35 C.V. di potenza, che poteva azionare le macine ed il buratto. Essa, collocata sul fondo del canale superiore, con lo scarico annegato in quello inferiore, trasmette il movimento tramite una puleggia alle macine ed al buratto.

Vista da nord. Sotto il grande volto si vede emergere il canale di sotto

A nord, sotto un grande arco, si vede emergere il canale di sotto, il quale riceve le acque reflue, che dopo il salto hanno ceduto tutta la loro energia alla turbina per ottenere la forza motrice. Nel Quattrocento il canale finiva di fronte al podere “Savoie” e, volgendo a ponente, si scaricava poco lontano nel Rio Fantino. Solamente più tardi, per interessamento del duca Borso d’ Este, signore di Ferrara, il canale fu allungato fino a Lugo, per rendere attivo un molino di sua proprietà (1470).

L’antico molino di Scodellino, pur non essendo più utilizzato, è stato lasciato in uno stato di grave e deplorevole abbandono Dopo vari anni d’attesa, l’8 aprile 2009, in occasione della presentazione dell’Associazione Pietro Costa si è tenuta una conferenza sul Molino Scodellino durante la quale è stato annunciato ufficialmente un primo intervento di recupero della struttura con la messa in sicurezza dell’antico manufatto.  Durante la serata il prof. Ettore Badiali ha tenuto un apprezzato intervento storico-tecnico sul Molino che è possibile leggere in formato pdf (17,5 MB) vedi sito della Associazione “Amici del Mulino Scodellino”.
Nel giugno 2012 è stata attivata una convenzione tra il Comune e l’Associazione Amici del Mulino Scodellino che ha previsto una stretta collaborazione: il Comune ha messo a disposizione tutto il materiale per il recupero e la riqualificazione del Mulino e i volontari dell’Associazione hanno messo il proprio tempo offrendo manodopera qualificata e gratuita.
Disegni di Samuele Sangiorgi ed Emanuele Santini

Dopo tanti anni di continuo lavoro, il sogno è diventato realtà il 19 e 20 marzo 2016. In occasione delle Giornate del FAI di Primavera infatti la vecchia macina è ripartita alla presenza di oltre 2000 visitatori accolti da numerose autorità, dai volontari dell’Associazione Amici del Mulino.

 

 

Chiesa Santi Giovanni Battista e Andrea  in Pergola: le prime notizie che si hanno di questa chiesa risalgono al 1291. tuttavia però da notizie riferite all’anno 1137 si conosce l’esistenza in questa zona di un castello e verosimilmente anche di un insediamento abitativo e di un luogo di culto ad esso destinato riconducibile alla chiesa di Pergola. Dell’edificio originario non è rimasta nessuna traccia e la chiesa attuale risale al 1899, i dipinti e le suppellettili che ospitava sono conservati nella Pinacoteca comunale e nel museo diocesano di Faenza.

Chiesa S. Maria in Afri in Pideura: nel sito attualmente occupato dalla moderna chiesa,ricostruita dopo la distruzione del secondo conflitto mondiale,sorgeva l’antichissima pieve di S. Maria in Apri o Afri  o Auri. Nel Medio Evo il termine pieve dal latino “plebs”(popolo di Dio) indicava una chiesa fornita di fonte battesimale che esercitava la sua giurisdizione su un determinato territorio dove esistevano altre chiese minori. I primi documenti attestano l’esistenza della chiesa fin dall’883.

Chiesa di S. Maria in Quartolo: il toponimo fa riferimento al quarto miglio della strada romana che risaliva la valle del Lamone e corrispondeva alla distanza dalla via Emilia. Le prime notizie sul luogo le troviamo intorno al 972 a.C. quando probabilmente sorgeva una “curtis” detta “quartuli”.

LA MAPPA DEL PERCORSO

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tappa PDF Viae Misericordiae